I sei Frantoi Ipogei nel Centro Storico di Villa Castelli
A Villa Castelli si possono ancora censire trappeti ipogei di tipo murgiano-salentino, nei quali è stato prodotto olio di oliva con attrezzature tradizionali, utilizzando nel tempo energia animale, umana e, infine, elettrica.
Alcuni impianti risalgono al Medioevo, altri al XVIII o al XIX secolo; tutti sono dislocati nel perimetro esterno del piccolo centro demico rurale, aperto alle distese delle piantate d’ulivi, ricavati in grotte carsiche o ampliate nella roccia viva dei versanti occidentale e orientale del pendio o nei pressi della Gravina Guardiola, che attraversa il paese.
A prescindere da quelli presenti in varie contrade, nell’attuale area urbana se ne contano sei: Trappeto Caliandro, Trappeto Palazzo, Trappeto Nisi, Trappeto Elia, Trappeto della Gravina, detto “del Duca” e il Trappeto del Largo Chiesa Vecchia annesso al Museo Archeologico.
Si forniscono di seguito essenziali indicazioni topografiche e storiche ma è evidente che la problematica degli ipogei a Villa Castelli anche nella sua apparente semplicità, va approfondita con più ampie ricerche negli archivi storici, in quelli di famiglia e in quelli delle varie istituzioni.
Il primo Frantoio Ipogeo che vi presentiamo è denominato “Trappeto Caliandro”. È ubicato tra le vie Fiume e Belvedere, nel versante occidentale del perimetro urbano. Ha due navate e conserva cinque nicchie destinate ad altettante presse, scavate nella roccia; è stato totalmente rinnovato negli anni sessanta del secolo con attrezzature moderne per essere abbandonato dopo appena trent’anni.
È passato dalla famiglia cegliese dell’arciprete Giuseppe Caliandro (1865-1952) al signor Pietro D’Urso, ultimo possessore.
Il secondo Frantoio Ipogeo è “Trappeto Palazzo”, sito sul pianoro a occidente della Gravina, attualmente in Via Sant’Eufemia, è stato fagocitato dall’urbanistica otto-novecentesca e sopraelevato a uso abitativo.
Sembra essere stato fondato dalla locale famiglia Palazzo e posseduto in continuità dalla stessa. É un ambiente ipostilo con presse a nicchia. Negli anni Ottanta del Novecento è stato trasformato in discoteca e venne rimossa ogni traccia dell’antica funzione d’uso; in momenti diversi è stato destinato, anche, alla lavorazione e alla commercializzazione di prodotti agricoli.
Nel corso dei decenni è stato anche sede di una discoteca, di una pizzeria e di un club di moto.
Il terzo Frantoio è “Trappeto Nisi”. Si trova sulla seconda terrazza occidentale della Gravina Guardiola e vi si accedeva dalla vecchia Via Trappeto Motolese, odonimo derivato dal cognome del probabile antico possessore, non del luogo, dal quale passò, dopo varie vicende, alla locale famiglia Nisi, che, attualmente, ne detiene la proprietà.
È composto da due navate separate da spessi pilastri con arcate in pietra concia e con pregevoli volte a crociera e a botte. Conserva quasi intatte le antiche attrezzature e gli arredi, salvo lievi ammodernamenti dei primi anni del Novecento ma ha perso la naturale destinazione d’uso.
Da circa due anni, è stato restaurato e ristrutturato ed al suo interno è presente un ristorante chiamato “L’Antico Frantoio”.
Ora vi parliamo del “Trappeto Elia”, il quarto in questione. D’impianto ottocentesco, appartiene tuttora alla famiglia Elia, originaria di Ceglie Messapica; vi si accede da uno spiazzo connesso al percorso della Gravina a nord-est dell’antico nucleo urbano.
Le attrezzature sono state smontate e sono andate disperse, come la macina in pietra, che giace all’esterno dell’impianto, disattivato almeno quattro decenni fa.
Quello più grande e importante è il famoso “Trappeto del Duca”, situato sulla prima terrazza occidentale della Gravina Guardiola, è, probabilmente, il più antico del paese; vi si accede a monte da un vicolo che conduce alla Piazza del Palazzo Ducale.
Si inserisce nelle aspre pendici graviniche con pochi segni emergenti in un vasto anfiteatro naturale, rimaneggiato in seguito a una discutibile rinaturalizzazione, dopo l’acquisizione pubblica dell’intero contesto.
È stato attentamente rilevato e studiato in fase progettuale dall’Architetto Rocco Conserva ma profonde manomissioni hanno modificato gli equilibri idrogeologici del sito, sicchè la parte inferiore del frantoio è minacciata dalle gravi infiltrazioni di acque meteoriche, percolanti dalle pareti e dalle volte a causa delle frequenti esondazioni del letto della Gravina.
Per tali cause l’ipotizzata destinazione dell’Ipogeo a Museo della Civiltà Contadina o ad analoghi usi stenta a decollare, nonostante il notevole impegno finanziario profuso dall’Amministrazione Comunale.
Pochi resti di attrezzature testimoniano, come quelli strutturali, l’uso plurisecolare dell’attività, conclusasi da oltre mezzo secolo.
La denominazione Trappeto del Duca è stata attribuita, forse per la prima volta, a questo frantoio nel 1988, proprio sulle pagine di Riflessioni-Umanesimo della Pietra, dal Prof. Rocco Biondi (1945-2023).
Questi nel 1987 sulla stessa rivista, a proposito della Masseria Monte Castello, nucleo agglutinante del futuro centro demico di Villa Castelli, scriveva che nel catasto provvisorio di Francavilla del 1809 essa consisteva, tra l’altro, in una casa di abitazione di ventitré camere e un trappeto. La Masseria in questione era stata acquistata, insieme ad altre terre localizzate nel territorio dell’odierna Villa Castelli, dal Duca di Monteiasi Gioacchino Ungaro nel 1793, rilevandola dal Regio Fisco, che aveva incamerato il patrimonio dei principi Imperiali di Francavilla, dinastia estintasi nella discendenza diretta nel 1782; venuto in possesso di tale bene, l’Ungaro vi operò, sebbene le pratiche dell’acquisto si protassero a lungo, consistenti miglioramenti fondiari, tra cui si ricorda la costruzione di un trappeto.
Allo stato attuale delle ricerche, però, non è dato sapere se questo frantoio debba identificarsi con il Trappeto della Gravina o con un altro, allogato al di sotto del corpo di fabbrica della Masseria Monte Castello. Marco Barletta, detto lu Vurpę (la volpe) è stato l’ultimo agricoltore frantoiano a possedere il vetusto Trappeto della Gravina.
L’ultimo che vi mostriamo e forse meno conosciuto, è il ‘Trappeto del Largo Chiesa Vecchia”. Non è ipogeo ma è prossimo al Trappeto della Gravina.
È, forse, questo il solo e vero frantoio posseduto a Villa Castelli dal duca, in quanto rientrava nel patrimonio del feudatario locale; è contiguo al mulino in Largo Chiesa Vecchia, sotto l’attuale sede municipale.
Informazioni tratte da: “Riflessioni/ Umanesimo della Pietra Martina Franca, Antiche Strutture Produttive del Territorio – Trappeti Ipogei a Villa Castelli, Gina Altavilla e Nicola Cavallo, luglio 2004, 20 anni fa.
Ciao Francesco,grazie per tutto quello che fai per Villa Castelli e nel modo che la descrivi. Un saluto affettuoso ed a presto.Ciao
Grazie a tutti voi che mi seguite e sostenete con affetto e passione! Sei il fratello di Rosetta Ciracì?